Non sono molti, né tra gli italiani né tra gli stranieri nella scena artistica del Novecento, che hanno percorso così tanti stili – dall’astrattismo al figurativo, alla metafisica, dal mosaico al muralismo – come ha fatto Corrado Cagli. Un'artista che interrogato in merito, spiegava questa varietà tematica ed estetica su 900– la rivista di Massimo Bontempelli, uno dei letterati più importanti dell’epoca e tra le altre cose suo zio – con una definizione secca, quasi dogmatica: "al mondo esistono due tipi di artisti: i mono-logici, e quelli che di logiche ne hanno più di una, io faccio parte della seconda specie". Se ci pensiamo è un po’ quanto avviene in letteratura alla fine, in cui una poesia può essere a volte epica, lirica, un sonetto, o qualcosa di più sperimentale, come un calligramma, eppure a uno scrittore o a un poeta viene questionato meno il perché della varietà della sua produzione. Di certo meno che a un artista.
Courtesy of Archivio CagliCorrado Cagli, Partita a carte, 1937
In un periodo in cui essere definito "eclettico" a molti pareva quasi un insulto, Cagli si impone nel panorama italiano facendo capire che un artista dev’essere multiforme e libero, facendo saltare le barriere tra stili e generi tenuti a lungo separati. E ora il CIMA, il Center for Italian Modern Art di New York, fino al 27 gennaio 2024, gli dedica Transatlantic Bridges: Corrado Cagli, 1938- 1948, una mostra che prova a far luce sull’affascinante viaggio umano e intellettuale da lui intrapreso durante gli anni trascorsi negli Stati Uniti, approfondendo gli aspetti della sua vita proprio nel momento in cui fu costretto a lasciare il suo Paese natale per sfuggire alla censura e alla persecuzione nazi-fascista.
Courtesy of Archivio CagliCorrado Cagli, New York, 1940
È curioso perché in Italia, dove si localizzano le prime fasi della sua carriera, fu tutt’altro che un artista ai margini, pittore di talento, fu attivamente coinvolto anche in grosse opere pubbliche commissionate dal fascismo. I problemi arrivarono però nel 1937, quando, assieme a una maggiore esposizione iniziarono a piovere anche feroci critiche da parte dei soggetti più reazionari dell’establishment. In quanto artista ebreo e apertamente omosessuale, Cagli divenne bersaglio di violenti attacchi, soprattutto dopo l’entrata in vigore delle leggi razziali l’anno successivo. A causa di queste mutate condizioni fortemente ostili, annusata la situazione, scelse di andarsene e cercare rifugio negli Stati Uniti, che divennero la sua seconda patria. Andandosene appena in tempo.
Courtesy of Archivio CagliCorrado Cagli, Today’s Italian Renaissance, su Harper’s Bazaar USA, marzo 1948
In America divenne una figura influente nel milieu culturale e artistico degli emigrati newyorchesi. Trovò rispondenza nell’ambiente neoromantico facente capo alla Julian Levy Gallery e al Wadsworth Atheneum, divenendo protagonista di un momento fondamentale della cultura gay di New York, collaborando con artisti coinvolti con la Ballet Society e intraprendendo un fervido sodalizio con Harper’s Bazaar, per cui illustrò diversi articoli e racconti, bozzetti di recensioni di spettacoli di ballo e memorabili copertine. Durante i suoi dieci anni di permanenza negli Stati Uniti, continuò a produrre ed esporre sue creazioni, continuando, a braccetto con la ricerca estetica, a interrogare e criticare la retorica fascista.
Courtesy Center for Italian Modern ArtL’allestimento della mostra Transatlantic Bridges Corrado Cagli 1938-1948
Ma, al pari di altri grandi intellettuali del passato, vedasi George Orwell ed Ernest Hemingway giusto per citarne due, il ruolo di solo osservatore gli stava stretto, voleva una parte più attiva, e così, mentre infuriava la Seconda Guerra Mondiale, si arruolò nell’esercito americano, svolgendo addestramento sulla costa occidentale, prima di partire alla volta dell’Europa e partecipare a eventi storici come il D-Day e la liberazione del campo di concentramento di Buchenwald.
Courtesy of Archivio CagliCorrado Cagli, I neofiti, 1934
Alla fine della guerra Corrado Cagli giocò un ruolo cruciale nel ristabilire i legami culturali tra Italia e Stati Uniti, collaborando con il MoMA, Irene Brin e la galleria romana L’Obelisco. La nuova mostra del Center for Italian Modern Art, che include disegni, dipinti, foto ed ephemera vari, lungi dall’esplorare solo i temi della guerra, dell’esilio e della discriminazione però, mette anche in luce il suo poliedrico impegno all’interno dell’ambiente surrealista della metropoli americana, evidenziando la profondità e la ricchezza della sua eredità artistica.
Courtesy of Archivio CagliCorrado Cagli alle spalle di Igor Stravinsky e Vittorio Rieti, mentre revisionano il Trionfo di Bacco e Arianna per il New York Ballet, Henri Cartier-Bresson
La sua contaminazione tra generi lo fece approdare anche alla musica, dove intensa e feconda rimane la collaborazione con il mondo del teatro per quanto concerne scene e costumi: per la Scala di Milano, con la regia di Squarzina lavora per Macbeth di Ernst Bloch e pure per la Semiramide di Rossini, ma partecipa anche alla realizzazione di Jeux di Debussy al Teatro dell’Opera di Roma, e alla messa in scena di molti altri spettacoli. Tutte collaborazioni che metterà poi a frutto come co-fondatore del New York Ballet. A questo proposito c’è una foto incredibile del 1948 scattata in un momento delle prove nientemeno che da Henri Cartier-Bresson, in cui si vede un elegantissimo Cagli ritratto alle spalle di Stravinsky e Vittorio Rieti, mentre assieme revisionano l’orchestrazione del balletto Il Trionfo di Bacco e Arianna. Lo Yin e lo Yang, dal teatro ai murales, visto che Cagli fu anche tra i padri spirituali della street-art, fautore di un’arte "che deve essere esposta sui muri e non chiusa solo negli spazi espositivi", attraverso l’utilizzo della pittura murale di grandi dimensioni e anche di un mezzo quasi sovversivo per il tempo quale l’aerografo. Un artista leonardesco, multiforme, che vale davvero la pena conoscere.
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